Parlo di una classe diffusissima, quella degli SSRI. Il loro effetto è molto potente ed è interessante osservare come funzionano quando si ha un paziente in analisi che, ad un certo punto, decide di assumerli sia su mia indicazione, o su consiglio di altri.
Per ora lasciamo da parte il fatto che assumere un farmaco nel corso di una cura analitica potrebbe essere un passaggio all’atto, o un sintomo passeggero, o il risultato di un errore dell’analista, o il segno di una delusione, o mille e mille altre cose. Studiamo il fenomeno ponendo il tempo zero dell’osservazione all’inizio dell’assunzione del farmaco.
Dal punto di vista della psicoanalisi potremmo divertirci a mettere tra gli effetti e l’osservazione la teoria freudiana - diciamo così – pura, insomma, quello che c’è nei 10 volumi dell’Opera Omnia.
L’effetto più grossolano è di natura energetica, e qui siamo già su un terreno molto pericoloso. L’energetica freudiana è un calco della termodinamica classica. Piaccia o no, o si legge così, o si incappa nella mistica reichiana, che è sì curiosa e creativa, ma che personalmente mal sopporto, a causa di una incontrollabile spinta irrazionalistica che fatalmente trasforma la psicoanalisi un una specie di fenomeno da circo. Eppure, pur camminando nel campo minato, qualcosa si può dire senza rotolare nel delirio. L’energetica freudiana è basata – come la termodinamica classica – su concetti che studiano i fenomeni di equilibrio di sistemi in cui si scambia energia. Quindi, ripeto e sottolineo, l’energetica freudiana è lo studio di scambi di energia, e mai di un’energia immaginaria che si accumulerebbe come spinta vitale. Freud era allergico a idee del genere. L’ipotesi freudiana è che il nostro sistema psichico, qualsiasi cosa sia, tende all’omeostasi – esattamente come un sistema termodinamico non isolato - ossia ad uno scambio energetico che porti all’equilibrio del sistema, in una condizione di eccitazione minima, ossia, di equilibrio energetico “al ribasso”. Da questo punto di vista, siamo tutti dei depressi. L’effetto del Cipralex – tanto per non fare nomi – è quello di alzare la soglia omeostatica, causando alcuni effetti, ad esempio, sulla tenuta della rimozione. Qui, aspetto energetico e aspetto ideico, mediato dal lavoro onirico, sono evidentemente legati assieme. Come? Mistero.
In pratica, il corpo inizia a formicolare e a risvegliarsi dalla passività accidiosa dellla depressione, si sente qulcosa che circola, che si sveglia, e che chiede movimento. È il primo segno di azione positiva del farmaco. Il corpo tende a mettersi in moto come una macchina cartesiana.
Contemporaneamente, le barriere della rimozione vengono sollecitate e contenuti preconsci tendono a tradursi in azioni. Si assiste a fenomeni che, via transfert, troviamo identici nel passaggio all’atto. È la fase in cui le persone iniziano a “svegliarsi”, ma lo fanno malgré lui, per così dire, e a volte si mettono nei guai. Tutto d’un tratto spunta un amante, rapporti consolidati saltano, si spaccano famiglie, si comprano oggetti desiderati da tempo, si hanno rapporti sessuali segnati da un allegro, spensierato e – diciamolo – un po’ incongruo stile godereccio, al di fuori delle abitudini di un’intera vita. Al di là dei guai in cui ci si può infilare, la cosa è sommamente interessante dal punto di vista della relazione tra aspetto energetico e l’aspetto sintomatico, con il corteo di analisi sincroniche e diacroniche dei fatti che val la pena di tentare.
Che succede nel luogo di frizione tra:
- scambio energetico – nuova omoestasi e
- doppia barriera della rimozione inconscio precoscio e preconscio coscienza? Oppure, l’Es in che modo modifica, se lo fa, la sua composizione polimorfa?
L’apporto del farmaco è davvero percepito come energia pura che entra in circolo, come una droga esaltante. Gli effetti fisici sono innegabili e spesso piacevoli. Non sono mai troppo acuti, per fortuna, ma certamente seducenti dal punto di vista del vantaggio clinico immediato. E’ un farmaco astuto, che si sa vendere bene. Nello stesso momento, si assiste al fenomeno della modifica degli ambiti di competenza tra inconscio e preconscio, ossia, si vede la differenza netta tra pulsione e desiderio. Questo fatto è davvero notevole, se lo si vuole osservare da vicino. Il desiderio è sempre mediato dalla macchina della parola e dalla caterva di istituzioni personali e sociali che sono depositate in ciascuno e che agiscono dal di fuori, dal mondo. All’opposto, la spinta energetica artificiale del farmaco punta sul corpo e genera un’indistinta, cieca spinta indifferenziata, di per sé disumana e allarmante, che deve essere tradotta, infilata nei percorsi del senso. L’opposizione non potrebbe essere più netta, ed è un caso in cui una sostanza chimica ci dà una prova della giustezza della teoria analitica, e una prova dell’errore insito in tutte le teorie energetiste “pure”. L’essere umano non tollera energie pure: a ogni cosa deve dare un senso, pena il peggiore disagio possibile. Per quanto riguarda la sfera privata, dunque, nulla sfugge al lavoro onirico, ai meccanismi di spostamento e condenzazione, che, però, si sente che sono sollecitati più del solito. I sogni si fanno vividi, segno che nei punti di massima luminosità la condensazione è più “fitta” di prima, ossia, che desideri inconsci tendono a farsi avanti. E’ inevitabile che quanto è preconscio venga spinto su con una certa violenza. Questo aspetto, studiato poco, è piuttosto pericoloso. L’Io della Seconda topica, poveretto, se la passa male. Persone con identificazioni poco stratificate, povere, legate a storie in cui le generazioni precedenti non hanno lasciato istituzioni mentali ben consolidate (ricordate: l’Es è l’Io degli antenati?), tendono davvero a mettersi nei guai. È probabile che per questo motivo questa classe di antidepressivi funzioni meglio nelle persone anziane che nei giovani – come spiega in lungo e in largo una precisa e indigesta letteratura clinica. Nell’anziano le concrezioni calcaree della vita passata garantiscono una specie di freno motore, come quando si va in discesa in macchina e si mette la seconda marcia, per non bruciare le – del resto carissime - pastiglie.
E il sistema INC? rarissimamente, se non mai, posso dire di avere assistito al passaggio diretto di un desiderio dall’inconscio alla coscienza via antidepressivo, a meno che non si tratti di soggetti con tratti psicotici. Qui il discorso cambia, e diventa ancora più delicato. L’antidepressivo in un soggetto psicotico ha effetti paradossali, ossia, spinge sul pedale del sintomo schizofrenico. Si preferisce apporre su questo esito un visibile, grande cartello di pericolo.
In sostanza, si tratta di un farmaco efficace e violento. Alzare i livelli di omeostasi causa un effetto indiretto sulle barriere della rimozione. Gli effetti positivi urtano con l’ignoto, ossia, con l’imprevedibile esito della spinta energetica che deve tradursi nel lavoro di dare senso all’effetto del farmaco. È un lavoraccio. Sempre meglio che rimanere stesi a letto nell’accidia angosciante e mortifera: come no. Eppure, tendo a mantenermi vigile, perché non a tutti è dato il dono di dare senso con successo a qualcosa che, dall’interno, fornisce una dose artificiale di benessere del tutto insensato. Se, con un balzo, leggiamo la cosa utilizzando l’idea freudiana dell’Es, anche qui si osserva che le sollecitazioni maggiori si hanno sul versante della porzione inconscia dell’Io, fatto che potremmo leggere così: l’antidepressivo somiglia a una psicoterapia artificiale di rinforzo dell’Io che scommette sulla parte inconscia dell’Io, nella speranza che diventi cosciente. Una specie di “Wo Es war, soll Ich werden”, ma con una differenza: al posto del delicato, beneducato “soll”, venato di un senso di opportunità, il nostro Cipralex mette un granitico “muss”, un “Deve!”. L’antidepressivo in questo senso è un imperativo alla guarigione, un farmaco padrone.
, Tratto brevemente il tema degli antidepressivi perché ho avuto modo di osservare fenomeni che la psicoanalisi potrebbe aiutare a capire, se solo la si volesse ascoltare, cosa che temo sia fuori moda.Parlo di una classe diffusissima, quella degli SSRI. Il loro effetto è molto potente ed è interessante osservare come funzionano quando si ha un paziente in analisi che, ad un certo punto, decide di assumerli sia su mia indicazione, o su consiglio di altri.
Per ora lasciamo da parte il fatto che assumere un farmaco nel corso di una cura analitica potrebbe essere un passaggio all’atto, o un sintomo passeggero, o il risultato di un errore dell’analista, o il segno di una delusione, o mille e mille altre cose. Studiamo il fenomeno ponendo il tempo zero dell’osservazione all’inizio dell’assunzione del farmaco.
Dal punto di vista della psicoanalisi potremmo divertirci a mettere tra gli effetti e l’osservazione la teoria freudiana - diciamo così – pura, insomma, quello che c’è nei 10 volumi dell’Opera Omnia.
L’effetto più grossolano è di natura energetica, e qui siamo già su un terreno molto pericoloso. L’energetica freudiana è un calco della termodinamica classica. Piaccia o no, o si legge così, o si incappa nella mistica reichiana, che è sì curiosa e creativa, ma che personalmente mal sopporto, a causa di una incontrollabile spinta irrazionalistica che fatalmente trasforma la psicoanalisi un una specie di fenomeno da circo. Eppure, pur camminando nel campo minato, qualcosa si può dire senza rotolare nel delirio. L’energetica freudiana è basata – come la termodinamica classica – su concetti che studiano i fenomeni di equilibrio di sistemi in cui si scambia energia. Quindi, ripeto e sottolineo, l’energetica freudiana è lo studio di scambi di energia, e mai di un’energia immaginaria che si accumulerebbe come spinta vitale. Freud era allergico a idee del genere. L’ipotesi freudiana è che il nostro sistema psichico, qualsiasi cosa sia, tende all’omeostasi – esattamente come un sistema termodinamico non isolato - ossia ad uno scambio energetico che porti all’equilibrio del sistema, in una condizione di eccitazione minima, ossia, di equilibrio energetico “al ribasso”. Da questo punto di vista, siamo tutti dei depressi. L’effetto del Cipralex – tanto per non fare nomi – è quello di alzare la soglia omeostatica, causando alcuni effetti, ad esempio, sulla tenuta della rimozione. Qui, aspetto energetico e aspetto ideico, mediato dal lavoro onirico, sono evidentemente legati assieme. Come? Mistero.
In pratica, il corpo inizia a formicolare e a risvegliarsi dalla passività accidiosa dellla depressione, si sente qulcosa che circola, che si sveglia, e che chiede movimento. È il primo segno di azione positiva del farmaco. Il corpo tende a mettersi in moto come una macchina cartesiana.
Contemporaneamente, le barriere della rimozione vengono sollecitate e contenuti preconsci tendono a tradursi in azioni. Si assiste a fenomeni che, via transfert, troviamo identici nel passaggio all’atto. È la fase in cui le persone iniziano a “svegliarsi”, ma lo fanno malgré lui, per così dire, e a volte si mettono nei guai. Tutto d’un tratto spunta un amante, rapporti consolidati saltano, si spaccano famiglie, si comprano oggetti desiderati da tempo, si hanno rapporti sessuali segnati da un allegro, spensierato e – diciamolo – un po’ incongruo stile godereccio, al di fuori delle abitudini di un’intera vita. Al di là dei guai in cui ci si può infilare, la cosa è sommamente interessante dal punto di vista della relazione tra aspetto energetico e l’aspetto sintomatico, con il corteo di analisi sincroniche e diacroniche dei fatti che val la pena di tentare.
Che succede nel luogo di frizione tra:
- scambio energetico – nuova omoestasi e
- doppia barriera della rimozione inconscio precoscio e preconscio coscienza? Oppure, l’Es in che modo modifica, se lo fa, la sua composizione polimorfa?
L’apporto del farmaco è davvero percepito come energia pura che entra in circolo, come una droga esaltante. Gli effetti fisici sono innegabili e spesso piacevoli. Non sono mai troppo acuti, per fortuna, ma certamente seducenti dal punto di vista del vantaggio clinico immediato. E’ un farmaco astuto, che si sa vendere bene. Nello stesso momento, si assiste al fenomeno della modifica degli ambiti di competenza tra inconscio e preconscio, ossia, si vede la differenza netta tra pulsione e desiderio. Questo fatto è davvero notevole, se lo si vuole osservare da vicino. Il desiderio è sempre mediato dalla macchina della parola e dalla caterva di istituzioni personali e sociali che sono depositate in ciascuno e che agiscono dal di fuori, dal mondo. All’opposto, la spinta energetica artificiale del farmaco punta sul corpo e genera un’indistinta, cieca spinta indifferenziata, di per sé disumana e allarmante, che deve essere tradotta, infilata nei percorsi del senso. L’opposizione non potrebbe essere più netta, ed è un caso in cui una sostanza chimica ci dà una prova della giustezza della teoria analitica, e una prova dell’errore insito in tutte le teorie energetiste “pure”. L’essere umano non tollera energie pure: a ogni cosa deve dare un senso, pena il peggiore disagio possibile. Per quanto riguarda la sfera privata, dunque, nulla sfugge al lavoro onirico, ai meccanismi di spostamento e condenzazione, che, però, si sente che sono sollecitati più del solito. I sogni si fanno vividi, segno che nei punti di massima luminosità la condensazione è più “fitta” di prima, ossia, che desideri inconsci tendono a farsi avanti. E’ inevitabile che quanto è preconscio venga spinto su con una certa violenza. Questo aspetto, studiato poco, è piuttosto pericoloso. L’Io della Seconda topica, poveretto, se la passa male. Persone con identificazioni poco stratificate, povere, legate a storie in cui le generazioni precedenti non hanno lasciato istituzioni mentali ben consolidate (ricordate: l’Es è l’Io degli antenati?), tendono davvero a mettersi nei guai. È probabile che per questo motivo questa classe di antidepressivi funzioni meglio nelle persone anziane che nei giovani – come spiega in lungo e in largo una precisa e indigesta letteratura clinica. Nell’anziano le concrezioni calcaree della vita passata garantiscono una specie di freno motore, come quando si va in discesa in macchina e si mette la seconda marcia, per non bruciare le – del resto carissime - pastiglie.
E il sistema INC? rarissimamente, se non mai, posso dire di avere assistito al passaggio diretto di un desiderio dall’inconscio alla coscienza via antidepressivo, a meno che non si tratti di soggetti con tratti psicotici. Qui il discorso cambia, e diventa ancora più delicato. L’antidepressivo in un soggetto psicotico ha effetti paradossali, ossia, spinge sul pedale del sintomo schizofrenico. Si preferisce apporre su questo esito un visibile, grande cartello di pericolo.
In sostanza, si tratta di un farmaco efficace e violento. Alzare i livelli di omeostasi causa un effetto indiretto sulle barriere della rimozione. Gli effetti positivi urtano con l’ignoto, ossia, con l’imprevedibile esito della spinta energetica che deve tradursi nel lavoro di dare senso all’effetto del farmaco. È un lavoraccio. Sempre meglio che rimanere stesi a letto nell’accidia angosciante e mortifera: come no. Eppure, tendo a mantenermi vigile, perché non a tutti è dato il dono di dare senso con successo a qualcosa che, dall’interno, fornisce una dose artificiale di benessere del tutto insensato. Se, con un balzo, leggiamo la cosa utilizzando l’idea freudiana dell’Es, anche qui si osserva che le sollecitazioni maggiori si hanno sul versante della porzione inconscia dell’Io, fatto che potremmo leggere così: l’antidepressivo somiglia a una psicoterapia artificiale di rinforzo dell’Io che scommette sulla parte inconscia dell’Io, nella speranza che diventi cosciente. Una specie di “Wo Es war, soll Ich werden”, ma con una differenza: al posto del delicato, beneducato “soll”, venato di un senso di opportunità, il nostro Cipralex mette un granitico “muss”, un “Deve!”. L’antidepressivo in questo senso è un imperativo alla guarigione, un farmaco padrone.