Pratica Psicoterapeutica

Il Mestiere dell'Analista
Rivista semestrale di clinica psicoanalitica e psicoterapia

NUMERO 27
2 - 2022 mese di Dicembre
EDITORIALE
EDITORIALE N. 2-2022
di Simone Maschietto

Questo numero della Rivista si apre con il caso clinico di Filippo, presentato da Sara Pagani, che mi sembra evidenziare l’aumento del numero di pazienti che vengono con una richiesta di aiuto che si è dispersa e continua a disperdersi in varie strade, alla ricerca, fittizia, di un facile e rapido rimedio risolutivo. Hanno già sperimentato vari trattamenti farmacologici e varie psicoterapie, concluse dopo pochi colloqui per ripartire e nuovamente interrompersi. Per loro è difficile, se non impossibile, ipotizzare l’indicazione al trattamento analitico, trattandosi di persone che non intendono promuovere in se stesse un cammino di autonomizzazione, preferendo alimentare un’immagine di pseudo-emancipazione, che rimanda sempre a un oggetto esterno, magari da cui dipendere concretisticamente (e mai sul registro simbolico). Il caso evidenzia un problema attuale che, nella pratica clinica, riguarda soprattutto giovani colleghi che all’inizio della professione accolgono pazienti che vorrebbero fossero disposti a lavorare analiticamente almeno a media frequenza (due sedute alla settimana) e in presenza. Il mio commento al caso clinico di Pagani riprende questo argomento, insieme ad altri relativi alla pratica clinica analitica, non solo di giovani colleghi, e rimando a questo per un approfondimento.


Più in generale, e passiamo alla sezione “Formazione”, possiamo trovare un argomentare sulla pratica clinica analitica negli articoli scritti dal sottoscritto, da Fiocchi, da Rattini e Sordelli, che sono il frutto del panel The beginning of the impossible profession: Experiences of young therapists, presentato al Congresso internazionale Psychoanalytic theories and techniques: dialogue, difficulties and future. 60th anniversary of the IFPS – XXII International Forum of Psychoanalysis organized by the Centro Psicoanalítico de Madrid – 19 to 22 October 2022. La pratica psicoterapeutica analitica è qui descritta come un’arte complessa che all’inizio, come dice il titolo del Panel (a sua volta tratto dal titolo di un libro scritto dal sottoscritto e da Secondo Giacobbi nel dicembre 2021), va appresa all’interno di un training psicoanalitico molto impegnativo e disciplinato, e al tempo stesso, a nostro avviso, molto avvincente e appassionante. Partendo da una prospettiva psicoanalitica, Sordelli evidenzia il ruolo fondante della supervisione nella formazione identitaria del terapeuta all’inizio della professione (ma direi in tutto il suo cammino professionale), approfondendola nei suoi differenti aspetti, Rattini dimostra come il terapeuta debba mettersi in gioco rispetto ai movimenti transferali del/della paziente, Fiocchi fa una appropriata sintesi degli aspetti teorico-clinici presentati dai colleghi.


Il mio articolo presentato al Congresso Internazionale, che descrive i punti salienti della formazione nella Scuola di Psicoterapia Psicoanalitica Individuale dell’Adulto (SPP Milano), di cui sono direttore, ha stimolato Giorgio Meneguz a riprendere in mano e riordinare vecchi appunti di due seminari che aveva tenuto nel 2015 agli Allievi della SPP sulla storia della psicoanalisi italiana e la nascita del Gruppo Milanese per lo Sviluppo della Psicoterapia, in cui affondano, in parte, le radici da cui proveniamo come psicoterapeuti formati alla SPP di via Pergolesi. Nell’articolo, intitolato SPP, sfogliando il nostro grande album di famiglia - Ia parte (la IIa parte sarà pubblicata nel prossimo numero), Meneguz inizia a sfogliare un grande album di famiglia basato su tracce di microstoria raccolte da libri, articoli, documenti e ricordi di incontri fortunati, da cui ha raccolto aneddoti e resoconti storici. Racconta qualcosa sulle persone e sulla rete di rapporti. Si tratta di personaggi e di snodi storici decisivi per lo sviluppo della psicoterapia in Italia, ma anche di analisti e supervisori (i “nonni”, “bisnonni” e “trisnonni” – se vogliamo) che stanno alle radici della nostra identità professionale.


Il numero si completa coi seguenti contributi:

Maccario risponde dal suo differente vertice osservativo all’articolo "La rinuncia alla vendetta e il perdono", scritto nel numero precedente da Carnevali. L’autrice afferma che, osservando il perdono con lo sguardo che abita gli abissi psichici, lo immagina, invece, come un movimento emotivo squisitamente intrapsichico lungo il divenire trasformativo oscillatorio-separativo dell’esistere umano. Un doloroso e costante processo trasformativo di conflittualità psichiche che potrà sfociare in stati riparativi e di benessere emotivo assimilabili ad uno stato di perdono di sé.

Colucci e Said nel loro articolo Dispersione scolastica e disagio psichico nella Scuole arabe e israeliane discutono i problemi relativi al disagio psichico evidenziati da una ricerca azione volta a ridurre la dispersione scolastica nelle scuole arabe e israeliane. Oltre alle questioni specifiche relative alle diagnosi di LD e di ADHD, si pongono problemi più generali relativi al disagio psichico degli adolescenti nella situazione conflittuale e contraddittoria che caratterizza lo Stato di Israele.

Carnevali, per la sezione Psicoterapie nell’istituzione, presenta l’articolo Un nuovo concetto di integrazione in psicoterapia e nelle Scienze SocialiGrazie al suo lavoro in istituzione e all’aprirsi del suo interesse (presente già da molti anni) ad altri approcci terapeutici con cui non solo si è confrontato, ma che vedeva intrecciarsi fecondamente col proprio, ha dato vita a un modo di concepire il lavoro d’équipe fondato sull’integrazione, intesa come confronto fra vari approcci nei quali ciascuno mantiene la sua peculiarità e al tempo stesso contribuisce per la sua parte a un lavoro più ampio come lui ritiene debba e possa essere il lavoro all’interno di un’équipe in ambito istituzionale. 

Buona lettura e buone riflessioni.

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