A fine ottobre sono ricorsi due anni dalla mia cessazione del rapporto di lavoro con il servizio psichiatrico territoriale, dopo quarantatré anni (da marzo 1977), dei quali quarantuno (da gennaio 1979) nello stesso servizio. Già in quell’occasione, un anno dopo su questa rivista [in Pratica Psicoterapeutica n. 25 (2-2021) Carnevali R., “Fine (inattesa) di un’esperienza”], ho tratto alcune considerazioni sul percorso fatto e sulla traccia che posso aver lasciato, e che il lavoro istituzionale ha lasciato in me. Oggi vorrei proporre qualche considerazione sugli sviluppi che ha avuto nella nostra rivista la rubrica dedicata al lavorare nell’istituzione, che curo dalla nascita di Pratica Psicoterapeutica, avvenuta nel 2009, e che all’inizio era denominata Psicoanalisi e istituzione e nel 2018 è diventata Psicoterapie nell’istituzione.
Il cambiamento di denominazione, richiesto da me e accordato dalla redazione e dal Direttore Guido Medri, che nella sua lungimiranza ha saputo mediare le perplessità di alcuni (sempre comunque nel clima di trasparenza e di concordia che caratterizza la nostra redazione), è stato dettato dagli sviluppi del mio lavoro in istituzione e dall’aprirsi del mio interesse (presente già da molti anni) ad altri approcci terapeutici con cui non solo mi confrontavo, ma che vedevo intrecciarsi fecondamente col mio, dando vita a un modo di concepire il lavoro d’équipe fondato sull’integrazione, intesa come confronto fra vari approcci nei quali ciascuno mantiene la sua peculiarità e al tempo stesso contribuisce per la sua parte a un lavoro più ampio come io ritengo debba e possa essere il lavoro di un’équipe in ambito istituzionale.
Anche di questo ho trattato in questa rivista [in particolare in Pratica Psicoterapeutica n. 12 (1-2015), Carnevali R., “L’esperienza nel gruppo”], facendo riferimento in particolare a una ricerca nella quale ho coinvolto venti tirocinanti dei quali sono stato tutor, che provenivano da varie scuole di specializzazione, con approcci anche non psicoanalitici. Non starò a dilungarmi su questo. Voglio qui proporre l’idea di un confronto costruttivo tra operatori nel campo della salute mentale che può arricchire senza comportare il venir meno di un’identità che ciascuno comprensibilmente e ragionevolmente vuole mantenere dentro di sé.
A tutt’oggi mi considero uno psicoanalista, e credo che la mia identità di psicoanalista si sia arricchita nel momento in cui ho lavorato con colleghi aventi una formazione diversa che hanno applicato tecniche d’altro genere che hanno saputo intrecciarsi col mio lavoro, “integrandolo” secondo l’idea che ho or ora proposto.
Un esempio può venire, in questo numero della rivista, dal commento di Sara Maccario al mio lavoro sul perdono comparso nel numero scorso. Ciò che traspare alla mia lettura è che un discorso che ha preso vita dentro di me a partire da un approccio di psicoanalisi relazionale viene elaborato da un punto di vista radicalmente intrapsichico, incentrato sull’individuo anche quando si parla di ciò che l’ambiente ha prodotto trasformativamente nel soggetto. Sia ben chiaro, non ritengo che Sara tradisca lo spirito in cui è nato il mio scritto, trasferendolo in lidi per me inconsueti, ma anzi le sono grato per aver permesso, a un discorso che ho contestualizzato in un certo modo, di prendere il volo verso orizzonti che forse non saranno per me facilmente fruibili, ma che favoriscono comunque l’ampliamento della mia visione anche in quest’ambito, come è peraltro successo col mio paziente, dando origine al mio scritto.
L’integrazione è dunque qualcosa che va oltre l’istituzione, è un modo di concepire il lavoro, fondato su un’idea di formazione permanente che avviene in una circolarità di pensieri dove il confine tra chi insegna e chi apprende diventa sempre più sfumato, e dove offrire un’idea costituisce la base di uno scambio che produce un arricchimento reciproco.
Anche oggi, che sono fuori dall’istituzione, la mia curiosità e il mio desiderio di confrontarmi e di stimolare a confrontarsi non sono venuti meno, e alla luce di questo mio sentire ho dato vita a un movimento culturale che organizza un congresso a Milano nell’aprile 2023, incentrato sulla Psicoterapia Relazionale Integrata. Potete trovare le informazioni in questo sito: https://www.psichesrl.com/
Sarei felice di poter accogliere colleghi, psicoanalisti e non, che vogliano offrire, in questo clima di reciproco scambio, il frutto del proprio lavoro privato o istituzionale.