Pratica Psicoterapeutica

Il Mestiere dell'Analista
Rivista semestrale di clinica psicoanalitica e psicoterapia

NUMERO 26
1 - 2022 mese di Giugno
CLINICA
INTRODUZIONE AL COMMENTO DELLA SEDUTA
di Sarah Nettleton

Per cominciare, vorrei spiegare un po’ il mio modo di approcciare l’analisi di una seduta.

 

Per me, l’aspetto più affascinante del nostro lavoro è l’interazione tra il conscio e l’inconscio, sia del paziente che dell’analista.  In una seduta, oltre alla narrazione cosciente del paziente, molte altre forme  di comunicazione coesistono, ad esempio: fugaci momenti performativi, variazioni dell’atmosfera e del tono della voce, stati d’animo mutevoli, e espressioni corporee. La maggior parte di queste sottigliezze non sarà percepita consapevolmente dall’analista durante la seduta.

 

Quando studio a fondo una seduta, ponendola al microscopio, preferisco non conoscere i dettagli della storia del paziente. Perché? Appena sentiamo i fatti, inevitabilmente iniziamo a proiettare. Se sentiamo, ad esempio, che il paziente ha perso la madre all’età di quattro anni, è impossibile non pensare a cosa significhi questa esperienza. La nostra mente inizia a formare teorie che ostacolano  l’“attenzione fluttuante” consigliata da Freud. La nostra ricettività inconscia è diminuita e rispondiamo invece a livello cognitivo. Bion ha scritto che dovremmo affrontare la seduta “senza memoria né desiderio”. Per il terapeuta questo è possibile solo in parte, perché la vita del paziente e la storia del loro rapporto terapeutico esiste già nella sua mente.

 

Noi, però, rimaniamo liberi di rilassarci, di prenderci il  nostro tempo per rispondere alla seduta in modo aperto e ricettivo, senza preconcetti e aspettative.  Quando leggiamo un resoconto due, cinque, dieci volte, rivela sempre di più una rete intrecciata e molto complessa di temi e fili di pensiero che riflettono le preoccupazioni di fondo nella mente del paziente. Nel corso di molti anni, ci sono state alcune sedute che ho utilizzato frequentemente nei seminari clinici. Ogni volta, quando rileggo il resoconto, scopro aspetti che non avevo mai visto prima, e ogni volta i partecipanti stabiliscono nuovi conessioni associativi.

 

In effetti, troviamo qualcosa di molto strano: sembra che la seduta funzioni come una specie  di ologramma. Ogni volta, l’intero carattere è il mondo interno del paziente sono presentati  in modo condensato.  Così, studiando il resoconto, arriviamo a formare un’immagine quasi completa di questa persona.  

 

Per chi ascolta il resoconto, è importante non cercare di trovare sun senso,  applicare teorie o formulare interpretazioni, ma ascoltare invece in modo rilassato: se non si viene in mente nulla, non preoccupatevi. L'importante è lasciarsi assorbire dall'esperienza soggettiva. Così la mente inconscia rimane aperta alla realtà interna del paziente.

 

Come la musica, una seduta analitica si svolge nel tempo. Per seguire il percorso dei fili di pensiero inconsci del paziente, è cruciale esplorare la seduta in ordine cronologica. È come ascoltare un brano musicale: si può comprenderlo soltanto nell’ordine in cui è stato scritto e ascoltato.

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