Pratica Psicoterapeutica

Il Mestiere dell'Analista
Rivista semestrale di clinica psicoanalitica e psicoterapia

NUMERO 25
2 - 2021 mese di Dicembre
EDITORIALE
EDITORIALE
di Simone Maschietto

Buon inizio 2022. Nonostante si sia alle prese con i problemi Covid-19, si cerca di essere creativi e di portare avanti il proprio lavoro di psicoterapeuti, ciascuno con le proprie specificità.

La nostra rivista prende l’iniziativa di aprire una Rubrica di “Lettere di lettori”. In tali lettere, anche brevi, i nostri lettori potranno proporre questioni di clinica, di pratica professionale, di teoria psicoanalitica, in modo diretto e discorsivo, esprimendo pareri personali anche al di fuori del mainstream ufficiale o in opposizione ad esso. L’articolo di Giacobbi, promotore di quest’idea, “Invito ai lettori”, approfondisce i motivi di tale iniziativa, e come si è pensato di declinarla.

In questo numero di fine anno, al centro del campo si è desiderato posizionare, secondo la specificità di Pratica Psicoterapeutica, il caso clinico e l’approccio psicoanalitico.

Armando nel suo articolo propone un caso clinico in cui si può intravedere il suo discostarsi dalla teoria freudiana, sia rispetto al complesso edipico, sia rispetto all’interpretazione dei sogni, proponendo una rilettura originale di alcuni concetti classici. Questo caso clinico è stato presentato dall’autore durante un Seminario dell’anno accademico appena terminato per gli Allievi della Scuola SPP Adulti di Milano.

Maggiolini commenta il caso proponendo le sue riflessioni sui sogni, seguendo una diversa prospettiva: capire a quale aspetto emotivo della vita attuale di una persona si riferiscano i contenuti metaforici del sogno.

Nazzani fornisce invece un commento a partire dal “risognare” il caso attraverso le proprie libere associazioni, evidenziando, per favorire consapevolezza e trasformazione nella paziente, un vertice clinico che potrebbe essere imprescindibile dal punto di vista della tecnica psicoanalitica.

Omodei Zorini infine propone un commento al caso attraverso l’approccio classico della psicoanalisi all’isteria femminile e alle questioni della femminilità sottese a tale disturbo, in particolar modo evidenziando il ruolo del lavoro transferale, che in alcuni punti del caso descritto sembrerebbe mancare.

Conclude la sezione clinica il commento di Maccario sul caso clinico presentato nel numero 23 della Rivista (il caso di Sergio), dove l’impasse terapeutica costituiva il nodo presentato dal collega Rosso.

Mantenendo il focus sulla Psicoanalisi, Golasmici, nel suo articolo, risponde criticamente con cognizione di causa all’ennesima pubblicazione e divulgazione di un testo intitolato “Intervista esclusiva a Freud. Da neurologo a neurologo”, in cui Sigmund Freud viene descritto dall’autore in questione come un geniale affabulatore, capace di aver colto la centralità della sofferenza psichica senza in fondo essere mai riuscito a trovare una cura.

Il numero della Rivista è completato da temi attuali nel panorama dell’attività clinica, affrontati negli articoli di Giacobbi e Carnevali.

Giacobbi si cimenta nella riflessione su due temi differenti, entrambi non facili da trattare, che non vanno rimossi e dei quali bisogna parlare.

Il primo tema è l’istituzione del reato di “omofobia”, che inaugurerà una fase assolutamente inedita della storia del Diritto, in Italia ma non solo, e che sollecita alcune domande. Ad esempio: l’espressione di opinioni psicologiche, cliniche e culturali sul tema dell’omosessualità e dell’omogenitorialità può configurare, e quando e in che modo, una fattispecie penalmente rilevante ai fini dell’applicazione della suddetta normativa? e qual è il confine tra l’offesa e l’espressione di un’opinione clinica-psicologica, di per sé non offensiva, ma che possa essere considerata lesiva dei diritti delle minoranze?

Il secondo tema è relativo alla vita privata dell’anziano, che negli ultimi anni si è trasformata, diventando più dinamica, più ricca di interessi e di prospettive, e anche di ambizioni intellettuali, autorealizzative, amorose. Ecco dunque che, negli studi degli analisti, compaiono sempre più frequentemente sessantenni, e anche settantenni, insoddisfatti di sé e della loro vita, con problemi coniugali, con vicende amorose anche complicate, con domande di senso, su di sé e sulla propria storia, che chiedono di essere accolte in piena legittimità di domanda. Come trattare clinicamente questa analisi della domanda alla veneranda età di questi pazienti?

Carnevali, in maniera autentica e coraggiosa, propone la questione attuale e spinosissima della psicoterapia in istituzione. A fianco del compiacimento per aver realizzato, finché è stato presente e attivo nel contesto istituzionale, quelle iniziative che spesso ha descritto anche sulla nostra rivista, confessa la sua delusione per come (a fine ottobre del 2020) si è concluso il suo rapporto di lavoro con il servizio psichiatrico nel quale per quarantun anni ha svolto la funzione di psicologo psicoterapeuta. Nel suo articolo, ad esempio, afferma: “Chi, dei pazienti che ho dovuto lasciare, è rimasto a carico del servizio pubblico si è trovato di colpo a soggiacere a criteri che in precedenza non erano mai stati introdotti, che oggi limitano la durata delle psicoterapie a due cicli di otto sedute (dopo di che la terapia comunque si conclude) e l’invio agli psicologi del CPS a casi gravi tipicamente psichiatrici, senza la possibilità di estendere l’attività psicologica a una fascia di popolazione più ampia. I tirocinanti, almeno nel CPS in cui ho lavorato, non vengono più accolti, e dunque è cessata ogni attività formativa e di confronto”.

Giacobbi e Carnevali sperano di aprire costruttivamente con i lettori un dibattito, un confronto su questi temi, per certi versi stimolanti ma molto impegnativi, anche grazie all’introduzione della nuova rubrica di lettere dei lettori e al desiderio di rilanciare quella sulle psicoterapie nell’istituzione.

Infine, a conclusione dei lavori, Carnevali propone la lettura di un libro, Lo specchio attento di Silvio Raffo, apprezzandolo nello stile e nel contenuto, e suggerendone una lettura che può dare profonde emozioni se chi legge lo “assume” dentro di sé, cogliendo la preziosità del lasciarsene avvolgere senza pretese interpretative. Consapevole del contesto specifico della rivista, Carnevali chiede ai colleghi psicoanalisti di non volergliene se, avendo deliberatamente voluto evitare una chiave interpretativa di tipo clinico, si “limita” (si fa per dire) a descrivere le suggestioni evocate in lui da questo libro.

 Questo numero di Pratica Psicoterapeutica si configura ricco e variegato, e vi auguriamo una buona lettura nella quale il vostro coinvolgimento non sia minore di quello che ha animato noi della redazione nel realizzarlo.

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