Le riviste di psicologia clinica e di psicoanalisi sono caratterizzate, come del resto pressoché qualsiasi rivista scientifica e culturale, dalla pubblicazione di articoli, che rispondano a canoni di adeguata scientificità e di appropriatezza di forma e di esposizione. Sono quindi articoli di impegnativa esecuzione. Per di più, soprattutto nelle riviste psicoanalitiche, vige una sorta di “galateo” editoriale, per così dire, che richiede allo scrivente che nel suo scritto ci siano numerose citazioni e ricchezza di riferimenti bibliografici. Anche questa richiesta è logica, ma non sempre alla abbondanza di bibliografia e riferimenti ad autori, corrisponde una originalità di contenuti. Si ha, anzi, l’impressione che la preoccupazione di arricchire i propri contenuti scritti con numerose citazioni di autori, di autorità riconosciuta oppure di autori meno noti, ma caratterizzati dalla recente pubblicazione di loro scritti, ebbene, si ha l’impressione che tale preoccupazione finisca, spesso, per dare poco spazio alle riflessioni originali e personali dello scrivente, più preoccupato di dare prova, nei suoi scritti, di cultura scientifica e di adeguato aggiornamento, più che di proporre spunti inediti e riflessioni stimolanti. Fanno eccezione, fortunatamente, i casi clinici, che vengono presentati e discussi su molte riviste psicoanalitiche e la cui presentazione costituisce una finestra aperta sulle concrete e personali pratiche cliniche e professionali. E infatti si può notare che in tali contributi le citazioni bibliografiche sono molto meno diffuse.
Perché mi soffermo su questi discorsi? Lo faccio perché scrivere e proporre un articolo per una rivista di psicoanalisi rappresenta, lo ripeto, una prova ardua, che scoraggia i più dal cimentarvisi. Scrivono, infatti, abitualmente o psicoanalisti già noti oppure accademici, con spesso scarsa esperienza clinica. Tale situazione fa si che leggendo le nostre riviste non siamo certamente in grado di avere il polso delle reali prassi terapeutiche della “base”, come si diceva un tempo, della nostra professione, cioè di come realmente la gran massa degli psicoterapeutici di orientamento psicoanalitico praticano il nostro “mestiere impossibile”, di quali sono i problemi, clinici e professionali, che devono più comunemente affrontare, e perché no?, di quali sono i loro, certamente diversissimi, orientamenti teorico-metodologici e i loro interrogativi culturali. Questo scollamento tra “vertice” e “base” è certamente assai negativo, anche perché può favorire fughe nella direzione di posizioni culturali e cliniche astratte e magari un po' velleitarie.
Credo che la nostra rivista si discosti dal profilo che caratterizza più comunemente le altre riviste di psicoanalisi. Essa ha scelto, consapevolmente, un profilo “basso”, incoraggiando articoli anche brevi e uno stile comunicazionale discorsivo e non appesantito da continui riferimenti bibliografici. Già Guido Medri nella sua Introduzione al primo numero della rivista (mantenuta costantemente leggibile sul nostro sito) proponeva un discorso analogo.
E tuttavia anche noi ci facciamo domande sul mondo dei nostri colleghi, che stanno al di fuori dei luoghi istituzionali che noi frequentiamo e che spesso hanno una pratica terapeutica intensissima e nelle situazioni cliniche più variegate. Ecco quindi che la nostra rivista prende l’iniziativa di aprire una Rubrica di “Lettere di lettori”.
In tali lettere, anche brevi, i nostri lettori potranno proporre questioni di clinica, di pratica professionale, di teoria psicoanalitica, in modo diretto e discorsivo, esprimendo pareri personali anche al di fuori del mainstream ufficiale o in opposizione ad esso. La Redazione, se lo riterrà opportuno, risponderà, ma non con l’intento di dare risposte definitive o somministrare ammaestramenti, bensì per alimentare il dialogo e aprire ancor di più l’area della domanda e della riflessione. Desideriamo incoraggiare con forza i lettori a favorire la nascita e, poi, la crescita di una simile iniziativa, così radicalmente nuova e potenzialmente ricca di prospettive.
Inviate le vostre lettere a
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Secondo Giacobbi