È come se mancasse qualcosa. La rivista riprende la pubblicazione, non potrebbe essere altrimenti, ma non c’è più il consueto articolo di cui Civita era solito farci dono. Non è possibile dimenticare, il nostro collega ci manca e vorremmo mandargli ancora un saluto.
In questo numero prende molto spazio il caso di Degli Esposti, presentato nella recente sessione di tesi della Scuola, e il commento di Maschietto in qualità di supervisore. I temi che vi vengono trattati sono di grande rilevanza e viene da auspicare che nel prossimo numero siano ripresi e approfonditi. D’altro canto, è una delle caratteristiche della rivista che ci si riallacci ad argomenti trattati nei numeri precedenti. Succede anche adesso quando Medri riprende il caso di Ersilia. A me sembra molto positivo che alcuni articoli si facciano strada nel tempo nella nostra mente fino magari a portare a ulteriori riflessioni e commenti.
Diamo il benvenuto a Gigliarelli che ci illustra le terribili vicende che occupano la mente di una donna maltrattata, mettendo in evidenza come le principali difese siano il diniego e la scissione.
Mazzotta porta altre considerazioni, a mio parere molto calzanti, sul tema del trattamento on line già oggetto di discussione e di confronto in precedenti articoli.
Giacobbi commenta il libro di Armando e Bolko sul sogno (potremmo, a proposito, dare più spazio a momenti di riflessione sui testi che hanno attratto il nostro interesse) e in un secondo articolo ci invita a un sano scetticismo a proposito dei risultati delle tante ricerche sul tema dell’omogenitorialità, che possono risentire (e a suo avviso è ciò che accade) di pregiudizi di natura ideologica.
Abbiamo infine una sintesi a cura di Visocchi della conferenza, tenuta da Correale presso la Scuola, sulla pulsione di morte. Ci è parso che un tema tanto attuale e trattato da un analista di così grande prestigio non potesse che risvegliare un grande interesse da parte dei nostri lettori.
In chiusura un articolo di Carnevali nella rubrica Psicoterapie nell'istituzione, che da questo numero modifica così il suo titolo, e Carnevali, che ne è il curatore, ne spiega le ragioni.