Pratica Psicoterapeutica

Il Mestiere dell'Analista
Rivista semestrale di clinica psicoanalitica e psicoterapia

NUMERO 17
2 - 2017 mese di Dicembre
IL CONTESTO SOCIOCULTURALE
TESTA VINCO IO, CROCE PERDI TU - COMMENTO AL LAVORO DI ALFREDO CIVITA
di Sara Maccario

Testa vinco io, croce perdi tu…

Alfredo nel suo articolo “Le fasi della trasmissione generazionale della psicoanalisi” attraverso il suo delicato e dinamico sapere ci conduce all’interno di epoche, pensieri e personaggi che hanno lasciato tracce del loro esistere, del loro pensare. Perché ho scelto come titolo di questo scritto “Testa vinco io, croce perdi tu ?”

In parte per totale distanza dal significato in essa contenuto, in parte perché, come Alfredo, penso alla psicoanalisi, al trattamento psicoanalitico come ad uno strumento all’interno del quale né si vince né si perde, dove l’annosa ricerca di torti e ragioni viene scalzata via dal rispettoso e costante flusso di dinamiche relazionali intercorse tra quell’analista e quel paziente. Un passato e un presente psichici che all’interno della stanza di analisi fanno lentamente la conoscenza di un alfabeto analitico interessato a smatassare e decifrare la sofferenza affettiva quale processo conoscitivo di un personale esistere.

Un setting analitico che si sviluppa attraverso un sentire condiviso, una cornice invisibile pensata e proposta quale linea di demarcazione tra un dentro la stanza ed un fuori la stanza, due mondi/contenitori che si specchiano all’interno di costanti oscillazioni relazionali costituite da momenti di falsificazioni, messe in discussione e momenti di veridicità ed insight: vissuti esperienziali derivati da un condiviso “essere” affettivo-relazionale.

 

…Avevo cominciato così la mia riflessione legata all’articolo di Alfredo, una riflessione che avevo poi accantonata per riprenderla in un secondo tempo.

L’ho ripresa ora, ma ora Alfredo non c’è più, è morto alcuni giorni fa.

Se n’è andato in punta di piedi, come era solito essere e muoversi, forse non propriamente in punta di piedi, ma sicuramente senza far rumore, senza fare chiasso, di tanto in tanto, rivolgendo al proprio interlocutore quesiti e riflessioni che creavano altri interessanti spunti di condivisione e trasmissione di un vasto sapere che caratterizzava Alfredo e la sua passione analitica.

Se l’amico di Freud avesse conosciuto l’analista Alfredo forse non avrebbe mai legato la psicoanalisi alla frase sopracitata perché avrebbe sperimentato, come sottolineato da Alfredo, che esiste una larga psicoanalisi che non ha precostituite regole universali da omologare, validare o finalità all’interno delle quali rintracciare vincitori o perdenti. Si sarebbe ritrovato ad ascoltare e sperimentare una psicoanalisi che, come dice Alfredo riferendosi alla propria analisi, non modifica le qualità personali o il proprio essere nel mondo, certamente può apportare trasformazioni intrapsichiche, ma sempre legate alle primarie “possibilità” psichiche strutturali di ogni uomo.

Il setting analitico pensato da ogni analista rappresenterà il proprio setting mentale. La presenza di una stanza analitica caratterizzata da un clima relazionale quale “testa vinco io, croce perdi tu”, con probabile evidenza, ci parlerà di un intrapsichico analitico appartenente a quell’analista e non alla psicoanalisi tout-court.


Sicuramente la mia analisi personale ha comportato importanti cambiamenti, certo non tutti quelli che retrospettivamente posso dire di aver desiderato. L’analisi pertanto mi ha cambiato in meglio. Non ha modificato, come, credo, nessuna analisi potrebbe fare, la mia qualità personale, il mio concreto essere nel mondo, tanto per citare un po’ goffamente Martin Heidegger. La qualità personale è al contrario assolutamente unica, irripetibile, e ciò a priori come parlassimo delle impronte digitali o del DNA. La qualità personale concerne l’essere nel mondo della persona, di conseguenza si espande sui membri della coppia di ogni relazione clinica.


Ho voluto riportare questo breve trafiletto contenuto nel corposo articolo di Alfredo perché a mio avviso ben rappresenta quel che è stato il suo “essere nel mondo” come uomo e psicoanalista, un equilibrato insieme costituito dal riconoscimento nei confronti dello strumento analitico, ma al tempo stesso la vitale e onesta consapevolezza delle personali qualità contenute in quel suo concreto essere nel mondo. Un essere nel mondo che, come per tutti, è inscindibile dall’invisibile passato affettivo-relazionale, un passato che, alle volte, è costituito da frammenti non del tutto trasformabili.

Forse se Alfredo fosse ancora insieme a noi il mio commento al suo articolo sarebbe stato differente, forse avrei usato alcune tra le sue molteplici riflessioni per avviarne delle mie, ma il mio “essere nel mondo” ha e sta sperimentando la perdita, la morte di Alfredo, un collega gentile con lo “sguardo” sempre rivolto al rispettoso incontro con l’altro, un altro esterno da lui incontrato senza mai alcuna invasione, senza regole precostituite, ma con l’esclusiva affettività che traspariva dal suo essere nel mondo.

Bene caro Alfredo… ti saluto come tu eri solito salutare i tuoi pazienti al termine delle tue sedute.

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